venerdì 29 maggio 2020

L'ora d'aria


C'è l'ombra del caffè sul fondo della tazzina. È questo profumo a mandarmi avanti durante le prime ore da sveglio. Poi l'amaro in bocca della tostatura mi riporta alla realtà. Solo i riflessi del vino rosso tra i denti mi distraggono nelle ore successive, dopo aver pranzato.

Non ho mai parlato del giorno. Forse dovrei sfruttare l'opportunità del passeggio emuntorio dei miei cani, del rituale rigenerativo dello smaltimento rifiuti, oppure delle file fuori al supermercato, attese grigie che sanno di turno di approvvigionamento in un lontano stato sovietico. Non ci riesco. Il giorno di questi giorni non è per niente interessante.

Ma le strade, adesso, si sono riempite di passi.  Ed ecco il momento in cui il giorno si fa interessante: il vespro. È il momento in cui volge al termine. È il momento in cui termina lo stordimento, del vino o del giorno, non si capisce bene quale. È il momento in cui è concesso passeggiare, al tramonto, senza scuse. La ruota ha lasciato spazio alla suola. E il suolo ringrazia rispondendo con garbo. Basta indossare la mascherina, il velo davanti al volto di questa shariah sanitaria che rende esotici gli sguardi tra i passanti. Certo, continua ad essere tutto finto - questa città non ha mai avuto tante gambe, almeno per le strade che percorro - ma sembra così autentico il contorno.

Ho scelto di percorrere strade secondarie. Prendere le distanze è un altro precetto sacro. Ma non mi dà così fastidio, perché posso perdermi in quel carpe diem esplorativo che avevo iniziato anni fa, in una città diversa da questa. La testa si inclina, si gira, gli occhi assorbono nuovi dettagli. Percorro strade che ho conosciuto solo sulle ruote, ma sulle suole sembrano rotte mai tracciate.

L'ago della bussola punta verso i tramonti stretti, quelli prima inscritti nel disordine. È bello scoprire i giardini nascosti tra i palazzi, scorgere i residui d'un tempo villereccio tra il presente di cemento. E poi sbucare in un finale aperto, un panorama che non è un belvedere, ma che almeno - proprio come quei residui campestri - regala l'illusione di un respiro disteso.



L'ora d'aria

Al confine di un tramonto sospeso
mi affanno premuto dietro la rete.

A prendere aria, fingo per lo più.
Per lo meno, fingo.

Pedro de Montjuic

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